Kovács, Magyarországi Anjou koronák [Corone angioine d'Ungheria], ArsHung, 1976, pp. C. Seymour jr, The Tomb of Saint Simeon the Prophet in San Simeone Grande, Venice, Gesta 15, 1976, 1-2, pp. Nell'ultima parte del secolo, nella quale cadono i sepolcri di Raimondo del Balzo e della moglie Isabella de Apia, in S. Chiara, e i qualificati episodi di committenza regia delle tombe durazzesche in S. Lorenzo Maggiore, le vicende della scultura conoscono un percorso meno unitario e limpido, quasi a rispecchiamento delle travagliate vicende del regno, sebbene a rendere il quadro più confuso contribuisca non poco anche lo stato assai arretrato delle ricerche.È soltanto con l'aprirsi del Quattrocento, al tempo di Ladislao di Durazzo, che, nel fitto intreccio di diramati rapporti con le regioni adriatiche e con quelle rivierasche del Mediterraneo occidentale, irrompe sulla scena napoletana, con la carica bizzarra e accesa fino alla deformazione caricaturale del suo linguaggio, un autentico protagonista, Antonio Baboccio da Piperno, scultore della corte (sepolcri di Agnese e Clemenza d'Angiò in S. Chiara e della regina Margherita di Durazzo, moglie di Carlo III, nel duomo di Salerno) e della sua stretta cerchia (sepolcro Penna in S. Chiara, sepolcro dell'ammiraglio Ludovico Aldomorisco in S. Lorenzo Maggiore, portale della cappella Pappacoda). C. De Lellis, Aggiunta alla Napoli sacra del D'Engenio, a cura di F. Aceto, I (Collana di studi e testi per la storia dell'arte, 4), Napoli 1977. id., Andegawenskie dary zlotnicze z herbami polskimi w kaplicy wegierskiej w Akwizgranie [Doni angioini di oreficeria con stemmi polacchi nella cappella ungherese di Aquisgrana], Folia Historiae Artium 11, 1975, pp. nella Bibbia detta di Matteo di Planisio (Roma, BAV, lat. 29-60. S. Fraschetti, I Sarcofagi dei Reali Angioini in Santa Chiara di Napoli, Arte 1, 1898, pp. E. Bertaux, Les artistes français au service des rois angevins de Naples, GBA, s.III, 33, 1905, pp. Per quanto riguarda i dipinti, per es., essi stipularono accordi precisi non soltanto in relazione al soggetto e alle dimensioni, ma anche allo stile e ai modi di realizzazione dell'opera. 265-276, 369-378. Le notizie relative al maestro dell'opera, Macé Darne, attestano che i lavori furono terminati tra il 1367 e il 1377. G. Praga, Documenti intorno all'arca di San Simeone in Zara e al suo autore Francesco da Milano, Archivio Storico per la Dalmazia 8, 1930, pp. M. Tocci, La chiesa di S. Francesco a Lucera, in I Francescani in Capitanata, "Atti del Convegno di studi, Bari 1980", Bari 1982, pp. notarius «scrivano, notaio»]. E. Lavagnino, Elementi decorativi di origine gotica nell'architettura del XIII secolo nell'Italia centro-meridionale, ivi, pp. E danno sfogo al loro amore. Nel bel trittico di Coral Gables, inoltre, Elisabetta si fece raffigurare in persona con gli attributi regali, protetta dalla sua santa eponima (ungherese anch'essa, nonché filia regis, come vi si legge), accanto al figlio Andrea il quale stava conducendo in quei giorni la vertenza con la moglie Giovanna I per l'equiparazione regia sul trono napoletano, che lo avrebbe condotto di lì a poco alla morte. A. M. Romanini, I Cistercensi e la formazione di Arnolfo di Cambio, in Studi di storia dell'arte in memoria di Mario Rotili, Napoli 1984, pp. A questo periodo è da riferire anche l'impianto originario delle chiese di S. Pietro a Majella e della certosa di S. Martino, poi profondamente alterate; la direzione dei lavori della certosa fu affidata a Tino di Camaino, Francesco de Vito e Mazzeo Molotto. Ma già in quest'opera, che nel nome stesso del suo committente sembra prefigurare il passaggio dall'ambito svevo a quello aragonese-siciliano, sono avvertibili i segni di un orientamento specificamente angioino che non tardò a coinvolgere un'altra porzione del Mediterraneo occidentale, quello catalano e rossiglionese, oltre la Sicilia del Vespro; e giusto mentre la prima parte del Livio oggi a Parigi sfiorava anch'essa l'Aragona, per trovar casa ad Avignone. Strutturato con impianto a tre navate, di cui la centrale coperta a tetto, transetto e tre absidi poligonali, il duomo di Lucera è stato anche messo in relazione con edifici provenzali, come il domenicano Saint-Maximin di Var (Enlart, 1894); la decorazione architettonica mostra invece chiari tributi alla tradizione locale, ancora di matrice sveva, mentre le figure dei portali si connettono alla coeva scultura napoletana (Calò Mariani, 1980). di Torino, sia francesi in senso specifico, ancora al modo del Salterio supposto di Bianca di Castiglia di Parigi (Ars., 1186). Esemplare del tardo periodo angioino è la chiesa dell'Incoronata di Napoli che, eretta nella seconda metà del sec. G. Agnello, L'architettura religiosa militare e civile dell'età normanna, Archivio Storico Pugliese 12, 1959, pp. - Figlio (n. 1278 - m. 1343) e successore (1309) di Carlo II d'Angiò, si ritrovò a regnare sulla sola Napoli in seguito alla cessione della Sicilia a Federico d'Aragona (1272-1337), secondo quanto stabilito nella Pace di Caltabellotta (1302). Si tratta della soluzione di un particolare problema che già si era posto nel S. Damiano di Assisi e in altri edifici delle Clarisse, come per es. Grande rilievo hanno avuto in particolare i Plantageneti - così chiamati per estensione, ... angioino agg. Da un lato della tomba era collocato un altare con un retablo scolpito, raffigurante la Crocifissione, e un tesoro sormontato da una predella, simile a quella situata sopra la tomba, sulla cui sommità erano raffigurati tre cavalieri che reggevano le armi e l'elmo del re. Morgan Lib. 605-681. Gli appartamenti del residence offrono il massimo comfort, con rifiniture di altissima qualità, sono completamente equipaggiati e sono situati a Napoli nel cuore della "City" a poca distanza dal Porto, da Piazza Municipio, dal Teatro di San Carlo e tutte le mete culturali e turistiche della città. M. Harrsen, The Nekcsei-Lipócs Bible. Anche e principalmente nel campo della pittura e della miniatura, il connotato che caratterizza la ripresa della produzione artistica nel regno di Sicilia dopo il sopravvento della dominazione angioina su quella sveva è costituito da una sostanziale prosecuzione delle tendenze che la corte di Federico e di Manfredi aveva patrocinato. Magyarországi művészet 1300-1470 körül [Arte dell'Ungheria tra 1300 e 1470], a cura di E. Marosi, 2 voll., Budapest 1987. di C. Bruzelius, M. Righetti Tosti-Croce, F. Bologna, F. Aceto, E. Marosi - J. von Schlosser, Die Kunst des Mittelalters, Berlin [1923] (trad. 413-434, 653-664; 11, 1886, pp. Lo stato degli studi, AM 2, 1985, pp. ), nasce dall'eccezionale creatività iconografica che conviene ritenere tipica delle cerchie avignonesi, e a cui va fatta risalire anche l'estrapolazione in autonomia delle Arma Christi, quali appaiono di nuovo nella tavola palermitana del Pellerano (al centro della predella), ma anche nel rovescio del dittico Londra-Lehman (Londra, Nat. 117-125. Contribuivano a mantener vivi questi contatti peculiari preferenze dell'ambiente campano, ma forse anche ragioni contingenti, di mero ordine pratico. 97-115. 91-120. “La direzione del Centro Clinico NeMO ci aveva segnalato la necessità di due cicloergometri”, spiega Lucio Marcello Falconio, presidente del Rotary Club Napoli Angioino, che ha fatto da capofila al progetto. M. Salmi, Una precisazione su Arnolfo architetto, Palladio 7, 1957, pp. Saggi sul patrimonio artistico abruzzese, Pescara 1984, pp. R. WagnerRieger, Zur Typologie italienischer Bettelordenskirchen, Römische Historische Mitteilungen 2, 1957-1958, pp. id., Un affresco trecentesco di Montano d'Arezzo replica della "Maestà di Montevergine? F. Bruni, Un documento sul Livio napoletano-avignonese del Petrarca, oggi Par. L'hotel elegante offre un bar e un casinò, così come le camere con viste sul mare. Ms 47672), nel cui ambito sembra abbia fatto le prime prove anche il giovane Cristoforo Orimina. F. Bologna, Un'aggiunta a Lello da Orvieto, in Scritti di storia dell'arte in onore di Raffaello Causa, Napoli 1988, pp. 442-481; 12, 1887, pp. Művészet I. Lajos király korában 1342-1382 [L'arte nell'età di re Luigi I], cat., Budapest 1982. F. Abbate, Problemi della scultura napoletana del '400, in Storia di Napoli, IV, 1, Napoli 1974, pp. L'apprezzamento che gli ispiravano le opere dei maestri italiani è comprovato dal fatto che assunse vari artisti e scultori i cui nomi si trovavano precedentemente sul libro paga del suo maggior nemico e rivale, Alfonso V di Aragona. Tramite di questi incarichi furono con ogni probabilità gli studenti ungheresi dell'Università di Bologna che, oltre al programma generale della decorazione, poterono verosimilmente fornire agli artisti anche alcuni modelli (Bibbia Nekcsei, Washington, Lib. L'intera struttura doveva essere a sé stante. corrispondente è angevin, ma solo con riferimento all’Angiò, mentre nei riferimenti storici è usata la specificazione d’Anjou]. Nei territori del regno più direttamente legati alla corte l'antefatto è costituito dal mosaico fatto eseguire da Giovanni da Procida intorno al 1260 nel duomo di Salerno e i cui legami con la miniatura cavense del medesimo momento, nel genere dei due codici contenenti le opere di Pietro Lombardo conservati a Cava dei Tirreni (Bibl. La seconda fase dell'arte di corte angioina in Ungheria è circoscrivibile agli anni intorno al 1360, periodo al quale appartiene la decorazione miniata della Cronaca illustrata ungherese (Budapest, Országos Széchényi Könyvtár, lat. Fino ai primi anni quaranta tutto quello che di qualità si produce a Napoli in scultura in marmo parla inconfondibilmente lo stile del senese, anche per iniziativa di un gruppo di scultori, forse in parte già suoi collaboratori, che ne continuano la lezione; e una speciale fortuna ebbe fino all'aprirsi del nuovo secolo, fino al sepolcro dell'arcivescovo Francesco Carbone (m. 1405) nel duomo, l'assetto strutturale dei suoi monumenti funerari, complessi organismi plastico-architettonici, nei quali il tema privato e religioso della commemorazione funebre si intreccia con quello della celebrazione politico-dinastica del defunto. 14°; intorno al 1360-1370 si manifestò inoltre nell'arte ungherese una evidente trasformazione stilistica; infine, l'intera produzione artistica del paese non può essere identificata esclusivamente con l'arte di corte e lo stesso ampio influsso di questa si può accettare solo in via di ipotesi. dell'abbazia, 22 e 23), sono stati notati. È in questo clima di idee formali che va collocata la genesi delle tombe dei Lagonissa nell'abbazia di Montevergine, eseguite intorno al 1304 da una maestranza, la cui pura matrice francese non può in alcun modo essere revocata in dubbio, malgrado i ricorrenti e fuorvianti tentativi di accreditare una referenza romano-arnolfiana. Mentre per gli intagli in avorio, dei quali è superstite in loco l'altarolo nella cattedrale di Trani, si è giustamente pensato a una corrente di traffici che doveva far capo alle attivissime botteghe parigine, nell'oreficeria, accanto agli oggetti importati, si assiste al fatto nuovo e di rilevante significato della creazione di un atelier regio, gestito nei primi tempi da orafi francesi. A Carlo III erano succeduti sul trono di Napoli i suoi figli Ladislao (m. 1414) e Giovanna II (m. 1435), che - al pari del padre - si erano adoperati a contrastare le mai dismesse pretese che vantavano sul regno gli A. del ramo Valois, sia pure con qualche ondeggiamento da parte dell'instabile Giovanna II a favore di Luigi III e di Renato. E. Bertaux, Sant'Agostino alla Zecca, architettura angioina e scultura sveva, Napoli Nobilissima 5, 1896, pp. Anche la Vita di s. Dionigi commissionata da Filippo IV (Parigi, BN, fr. of Art, Robert Lehman Coll. Orafi transalpini sopravvivono a corte fino agli inizi degli anni trenta del Trecento, e altri giungono ancora qualche decennio dopo (Jacques de Saint-Omer, attestato nel 1341); ma si tratta ormai di episodi di una tendenza minoritaria a fronte del crescente apprezzamento per l'oreficeria e per lo smalto traslucido senese: nel 1313 e nel 1318 è al servizio della corte Pietro di Simone da Siena; per Napoli si è supposto che fossero stati lavorati, tra il 1317 e il 1320, due capolavori dell'oreficeria senese, il calice del British Mus. G. M. Fusco, Dell'argenteo imbusto al primo patrono S. Gennaro, Napoli 1861. Il progetto dell'edificio è stato talora attribuito a Pierre d'Agincourt, il cui nome appare in realtà citato nel 1304 solo in quanto estimatore dei danni causati ai cittadini di Lucera per la necessità di fare spazio alla cattedrale abbattendo alcune case. Al pittore di S. Lorenzo, per altro, al quale il nome di Maestro della Regola sembra spettare di diritto e la cui indubbia originalità rende meritevole di un luogo di rilievo nel momento culminante del movimento, appartiene anche il ricostruito trittico del 1355 (Incoronazione della Coll. Il nome di una persona è scelto solitamente dai genitori al momento della nascita. 24389 e 1509) e una a Vienna (Öst. Gli angioini furono il ramo della dinastia degli Angiò che regnò in Italia (Napoli e Sicilia) dal 1266 al 1435. Per chi viaggia in treno, la stazione ferroviaria da raggiungere è quella di Agropoli-Castellabate, partendo dalle stazioni di Napoli o Salerno. dell'Opera di S. Maria del Fiore a Firenze. Á. of Congress, Pre-Accession 1; Leggendario angioino ungherese, Roma, BAV, lat. Chi e Dove. Intimamente legato alla corte di Carlo VII, re di Francia, di cui era amico e consigliere, egli protesse anche alcuni dei più grandi artisti dei suoi tempi. I Registri della Cancelleria angioina ricostruiti da Riccardo Filangieri con la collaborazione degli archivisti napoletani, 3 voll., Napoli 1950-1985. Un prodigioso vincolo fra Oriente e Occidente, Roma 1989. Regionale Pepoli di Trapani, la cui presenza in Sicilia - possibile solo dopo la pace di Aversa del 1373 - è essa stessa indice di datazione tarda. A. M. Romanini, Il ''dolce stil novo'' di Arnolfo di Cambio, Palladio 11, 1965, pp. Restano quattro libri d'ore appartenuti a Renato (Parigi, BN, lat. I Residence gli Angioini sono la soluzione ideale per chi deve soggiornare a Napoli.